Marina Mancini

Marina Mancini intervista il ministro D’Alia per ComunicarePA

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d'aLIANon potevamo non iniziare la serie di interviste che arricchiranno ComunicarePA con il ministro per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione, Gianpiero D’Alia.

Figlio di Salvatore D’Alia, deputato della Democrazia Cristiana e poi del Centro Cristiano Democratico, Gianpiero D’Alia è eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nel 2001. Nel governo Berlusconi III è stato Sottosegretario di Stato all’Interno, espresso dall’UDC. Riconfermato alla Camera nella legislatura successiva in virtù di una candidatura nella lista dell’UDC per la circoscrizione Sicilia 2.

 

Nelle Elezioni Politiche del 2008 viene eletto al Senato della Repubblica. Diventa qui presidente del gruppo parlamentare Gruppo UDC, SVP e Autonomie, al Senato. Nel 2013 è eletto in Sicilia deputato

 

nelle liste dell’UdC diventando vicecapogruppo vicario alla Camera dei Deputati del gruppo Scelta Civica per l’Italia, gruppo unitario dei partiti centristi vicini a Mario Monti. Abbandona l’incarico di vice-capogruppo quando viene nominato Ministro per la Pubblica Amministrazione nel Governo Letta. Secondo il sito OpenCamera, che monitora l’attività dei parlamentari, D’Alia è stato nella precedente legislatura il senatore con il più alto tasso di produttività.

Ministro D’Alia all’indomani del suo incarico al ministero della Pa e Semplificazione lei ha dichiarato che nella sua azione di governo avrebbe iniziato dalla professionalizzazione dei pubblici dipendenti in base a criteri di merito, a che punto è tale attività in considerazione anche che è tenuto a fare i conto con le migliaia di stabilizzazioni che da più parti i sindacati invocano? Si pensi alla sola Sicilia dove sono circa 18.500 i precari degli enti locali?

Noi non facciamo stabilizzazioni di massa per tutti i precari: sarebbero contro il buonsenso e scasserebbero i nostri conti pubblici. Nel decreto 101 abbiamo invece previsto l’inserimento stabile nella Pa dei migliori contrattisti, attraverso concorsi riservati aperti a chi lavora nell’amministrazione da almeno tre degli ultimi cinque anni. E allo stesso tempo cerchiamo di intervenire contro un’altra ingiustizia, quella dei vincitori di concorso rimasti fuori dalla porta degli uffici pubblici: prima di fare nuovi concorsi le amministrazioni devono verificare che non ci sia una graduatoria di vincitori e di idonei cui attingere.

Una Pa professionalizzata passa dal riconoscimento dei profili professionali, a che punto è il riconoscimento del profilo dei Comunicatori Pubblici, e del riconoscimento del ruolo dei giornalisti nella Pa, alla luce di una legge, la 150/2000, che è ancora inapplicata nella stragrande maggioranza degli Enti pubblici?

Il mio auspicio è che si rilanci, anche con le rispettive associazioni di categoria, il riconoscimento del fondamentale ruolo dei giornalisti e dei comunicatori nella Pubblica Amministrazione. Il processo di ammodernamento della Pa passa attraverso la trasparenza, il dialogo e la corretta informazione ai cittadini. In questo il ruolo dei comunicatori pubblici è determinante.

A proposito di proroghe, sono state garantite sino al 2016, dopodiché si studieranno percorsi di inserimento stabile nelle Pa, non teme che già gli instabili equilibri rendano ancora più poveri i miseri i bilanci di molti enti pubblici, in che modo si pensa di aiutare i Comuni vicini al dissesto?

La legge sulla razionalizzazione della Pa prevede che gli enti locali chiamati a fronteggiare rischi di dissesto finanziario possano ricorrere al prepensionamento seguendo l’iter previsto prima dell’applicazione della legge Fornero. In questo modo si interviene in modo diretto sulle spese degli enti e, con l’indisponibilità delle posizioni che vengono liberate con questa procedura, si permette l’avvio di un percorso indirizzato ad una stabilità dei conti anche sul medio e lungo periodo.

Secondo lei quali ministri, nel suo stesso ruolo, hanno fatto meglio o hanno fatto peggio al fine di rendere la Pa più efficiente?

Non mi piace fare classifiche. Ritengo che ogni ministro che in questi anni si è avvicendato alla guida del Ministero per la P.A. abbia lavorato nell’esclusivo interesse di riformare la pubblica amministrazione. Ognuno con le proprie sensibilità ha operato per migliorarne l’efficienza e l’efficacia, renderla più snella, più trasparente. Oggi dobbiamo intensificare sempre più i nostri sforzi per incoraggiare una nuova cultura nella Pubblica Amministrazione, fatta di valorizzazione delle professionalità esistenti, di tagli mirati e non lineari, di razionalizzazione, di ascolto verso i cittadini, le imprese, le realtà associative.

Veniamo alla trasparenza e all’innovazione tecnologica, cosa sta studiando il ministero in tal senso?

Una delle prime cose che ho fatto da ministro è stata una circolare indirizzata a tutte le amministrazioni per raccomandare la massima attenzione affinché tutti gli adempimenti di trasparenza siano attuati in maniera tempestiva e funzionale alle esigenze dei cittadini. Puntiamo molto sull’accesso civico, uno strumento fondamentale che consente a tutti i cittadini di chiedere la pubblicazione di documenti, informazioni o dati che l’amministrazione pubblica deve pubblicare in base alle legge. La Trasparenza a tutti i livelli è l’arma che abbiamo per sconfiggere la corruzione, che divora ogni anno al Paese cifre enormi che andrebbero investite nel sostegno alle fasce deboli e nella crescita. Con l’approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione tutti sono chiamati alla massima attenzione: dobbiamo allineare il nostro paese agli standard europei recuperando il tempo perduto. Altra sfida da affrontare è quella della digitalizzazione: abbiamo affidato a Francesco Caio la guida di questo processo, che per la Pa rappresenta la madre di tutte le riforme: digitalizzare significa offrire servizi più efficienti per cittadini e imprese, rilanciare l’occupazione, crescere come sistema Paese. Guai a perdere questo treno.

Chiudiamo con una domanda di politica: lei è da sempre espressione del Centro, cosa succederà ora al Centro e come andrà avanti il governo Letta?

Il governo Letta ha bisogno di andare avanti per fare quelle riforme a lungo attese dai cittadini e portare il Paese a due grandi appuntamenti: il semestre europeo a guida italiana e l’Expo. Sono due punti di svolta ai quali arrivare con un’Italia coesa e credibile, ma a destra e a sinistra molti sembrano non capirlo, viste gli ultimatum e le polemiche di ogni santo giorno. L’esperienza di un governo di larghe intese deve continuare, ma allo stesso tempo serve un enorme cambiamento nella geografia politica italiana. Ci

avviciniamo ad elezioni europee fondamentali per il futuro dell’Italia e del Continente, in cui rischiamo che ad avere la meglio siano i movimenti populisti e antieuropei. La reazione deve essere la costruzione di un nuovo bipolarismo di stampo europeo, con case politiche omogenee a quelle presenti in Ue e partiti costruiti dal basso, chiudendo una volta per tutte la fase dei leaderismi. Il percorso dell’Udc va in questa direzione, e lo dimostra la convergenza con quell’area popolare fuoriuscita da Scelta Civica con la quale ci apprestiamo a costruire una nuova grande proposta politica per i cittadini.

 

Ringraziamo il Ministro per aver aperto le interviste di ComunicarePa che crede che una PA più innovativa ed efficiente possa essere realtà.

Marina Mancini
giornalista@marinamancini.it
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